I ready made di Duchamp.

I ready-made di Duchamp sono una delle tante punte dell’iceberg della sua genialità artistica. Pensiamo al suo lungo percorso di rivoluzioni artistiche, prima con l’impressionismo e il post-impressionismo, poi con opere come Macinino da caffè, Corrente d’aria sul melo del Giappone e Giovane e fanciulla in primavera in parte ispirate dal movimento Fauves.

Poi quello cubista e futurista con le opere Ritratto di un giocatoregiocatori di scacchi, Il passaggio dalla vergine alla sposa e Nudo che scende una scalale scale che sovverte le regole del Cubismo e le mescola a quelle del Futurismo tanto da creare scandalo prima al Salon des Indépendants di Parigi nel 1912 e poi all’Armory Show di New York nel 1913. Come sostiene il poeta messicano Octavio Paz, «le tele di Duchamp non raggiungono la cinquantina e furono eseguite in meno di dieci anni: infatti abbandonò la pittura propriamente detta quando aveva appena venticinque anni. Certo, continuò a dipingere, ma tutto quello che fece a partire dal 1913 si inserisce nel suo tentativo di sostituire la pittura-pittura con la pittura-idea. Questa negazione della pittura che egli chiama olfattiva e retinica (puramente visiva) fu l’inizio della sua vera opera. Un’opera senza opere: non ci sono quadri se non il Grande Vetro (il grande ritardo), i ready-made, alcuni gesti e un lungo silenzio» (Octavio Paz, Apparenza nuda – L’opera di Marcel Duchamp, Abscondita, Milano, 2000).

Se Duchamp avesse realizzato solo le tele dipinte prima del Grande Vetro, opera iniziata nel 1915, sarebbe già entrato di diritto nella storia delle avanguardie, ma con il concetto di pittura-idea e di rifiuto della pittura retinica Duchamp, spinge l’arte oltre i prodotti visivi per riportarla al servizio della mente. Avvicinandosi così, più di qualsiasi altro artista prima di lui, al concetto kantiano di sublime come di un qualcosa che trascende la forma, ma allo stesso tempo è comprensibile. Un oggetto che annulla l’idea per dargli la possibilità di risorgere più forte.