Cosa c’è dietro?

Tra i libri che ho letto in questo periodo c’è anche il romanzo di David Benioff, “La città dei ladri”. Siamo nella Stalingrad del 1941. Una città logorata dalla guerra, dalla fame e dal freddo. I due protagonisti del romanzo, Lev e Kolja, si conoscono in un cupo carcere sulla Neva. Il diciassettenne Lev è in prigione per aver rubato il coltello a un paracadutista tedesco morto assiderato. Kolja invece per aver disertato.

Per entrambi i reati è prevista una sola pena: la fucilazione. Tuttavia, dopo qualche giorno passato in cella, i due vengono portati al cospetto di un colonnello che gli fa un’offerta. Se loro riescono a recuperare 12 uova in tempo per il matrimonio di sua figlia, saranno liberi. A quei tempi, recuperare 12 uova non è un’impresa facile e Lev e Kolja si ritrovano ad affrontare cannibali, nazisti e foreste innevate. Ma alla fine riescono a recuperare le uova. Le portano al colonnello che però neanche le utilizza.

Per quella “maledetta dozzina di uova”, Lev e Kolja hanno rischiato la vita (e uno dei due la perde), hanno sofferto, hanno combattuto. Il tutto per un mero capriccio di un colonnello che non dà neanche importanza all’oggetto in sé.

Questa storia mi ha fatto pensare a quello che usiamo e consumiamo ogni giorno. O meglio a quello che ci sta dietro. A tutte le sofferenze, lo sfruttamento e le vite che stanno dietro ai diamanti che indossiamo, ai pezzi dei nostri smartphone, al tabacco che fumiamo o al cibo che mangiamo.

Noi non ce ne rendiamo conto. Viviamo in un sistema costruito apposta per non farci pensare a quello che c’è dietro (e davanti) a quello che consumiamo. Ma spesso dietro c’è una storia di sfruttamento del lavoro e distruzione del pianeta e davanti una storia di inquinamento e consumismo.