Corrente #20: Talent Stacking.

Che cos’è la creatività? Proviamo a rispondere attraverso le parole dello scrittore ungherese Arthur Koestler che, partendo dall’etimologia del verbo latino cogito, inteso come co-agito, cioè agitare insieme, definisce biassociazione come «la combinazione di due forme cognitive non ancora correlate in modo tale da aggiungere un nuovo livello alla gerarchia che comprende come propri membri le strutture in precedenza separate». In quest’ottica, la creatività si traduce nella capacità di operare contemporaneamente su differenti piani e, soprattutto, essere in grado di connetterli tra di loro. Nel particolare Koestler fa l’esempio di come «le fasi delle maree erano conosciute dall’uomo da tempo immemorabile. Lo stesso vale per le fasi lunari. Ma l’idea di mettere in relazione i due fenomeni, l’idea che le maree fossero dovute all’attrazione della luna venne per la prima volta, per quanto ne sappiamo, ad un astronomo tedesco nel XVII secolo; e quando Galileo venne a saperlo la derise definendola un’oscura fantasticheria».

L’idea di pensare (cogito) come atto di agitare insieme più punti è alla base del concetto stesso di creatività e originalità. Pensare creativo vuol dire vedere le cose da punti di vista differenti e, soprattutto, connetterle in modo differente. Dal mantra A-B-C-D (Always Be Connecting the Dots) di Richard Branson, al celebre invito fatto da Steve Jobs durante il suo discorso presso lo Stanford Stadium a connecting dots, connettere i punti, fino a Seth Godin che al punto 64 del suo manifesto, Stop Stealing Dreams, scrive di come gli studenti siano educati a collecting dots, collezionare i punti, quando invece servirebbe insegnar loro a connecting dots, connettere i punti. O ancora dalle capacità architetturali di Henderson e Clark, alle scatole morfologiche di Fritz Zwicky. Dietro a tutte queste teorie c’è la consapevolezza che la creatività si fonda sulla capacità di combinare l’esistente in altro modo inventando qualcosa che prima non c’era.

Per comprendere meglio questo concetto pensiamo a un altro esempio riportato sempre all’interno del saggio di Arthur Koestler, quello dell’elettromagnetismo. «Per quasi duemila anni l’elettricità e il magnetismo furono considerati due fenomeni separati. Nel 1820 Hans Christian Ørsted scoprì che una corrente elettrica che scorreva lungo un filo metallico deviava l’ago di una bussola che si trovava per caso ferma sul suo tavolo. In quel momento i due contesti cominciarono a fondersi in uno: l’elettromagnetismo» che ha poi ispirato il pensiero di Ampère, Domique-François Arago e Faraday. In questo caso, la vera innovazione non è aver scoperto la magnetite o l’elettricità, fenomeni che l’uomo conosce dai tempi del filosofo greco Talete di Mileto, quanto piuttosto quella di vedere in modo diverso questi due elementi e avere la capacità di connetterli tra di loro.

Parto da questa introduzione per parlarti di una corrente che trovo molto in linea con i tempi che stiamo vivendo, il Talent Stacking, inteso come il principio secondo cui l’unione di talenti e competenze complementari è di molto maggiore della somma delle sue parti.

Talent Stacking: L’unione di talenti e competenze complementari è di molto maggiore della somma delle sue parti.

Ho scoperto questo concetto all’interno del libro “How to Fail at Almost Everything and Still Win Big” di Scott Adams, fumettista (è l’inventore della striscia a fumetti “Dilbert”), autore, imprenditore nel campo del cibo vegetariano, membro dell’associazione Mensa (quella dove per accedere devi avere un QI superiore al 98° percentile) e teorizzatore del Principio di Dilbert, secondo il quale le aziende tendono a promuovere i dipendenti più incapaci così da evitare che facciano danni.

Il libro è molto autobiografico e racconta molti episodi della sua vita dandone sempre una lettura a metà strada tra la filosofia e la satira. Secondo Adams, se vogliamo aumentare le possibilità di avere successo in quello che facciamo è meglio migliorarsi in più competenze complementari invece di focalizzarsi su una sola cosa. Perché è la sommatoria (Stacking) delle varie competenze e dei vari talenti che ci rendono unici e aumentano le nostre possibilità. Adams stesso ne è un esempio. Non ha puntato ad essere un ottimo fumettista, ma ha unito differente competenze (scrittura, imprenditoria, satira, filosofia…) per crearsi il proprio posizionamento unico e distintivo.

Il concetto di Talent Stacking rispecchia a pieno tanto l’idea di creatività di Arthur Koestler quanto la complessità dell’attuale mercato del lavoro. Puntare sullo sviluppo di più competenze tra loro trasversali può infatti aiutarci a re-inventarci e adattarci di continuo.