Cambiamento non crisi.

Sebbene la parola crisi abbia assunto nei secoli una connotazione negativa, la sua accezione originaria era legata a concetti come cambiamento, sospensione della regolarità, momento di passaggio, da cui parole come crisalide intesa appunto come stadio intermedio di una metamorfosi che porta a qualcosa di migliore. Sulla stessa scia etimologica s’inserisce la parola cinese wēijī che nella cultura americana, da Kennedy a Nixon, è sempre stata interpretata tanto come crisi quanto come opportunità, attribuendo a wēi il significato di “pericolo” e a quello appunto di “opportunità”.

I tempi di crisi sono dunque un momento ideale per sviluppare nuove idee, perché l’innovazione, come il cambiamento, diventa un bisogno primario, una necessità. Molte delle aziende che oggi dettano gli andamenti del Dow Jones sono nate durante un periodo di crisi. La Alcoa come la Coca-Cola, la Johnson&Johnson, la ExxonMobil, la General Electric e la Chevron sono state fondate durante la grande depressione di fine Ottocento. Walt Disney durante quella del 1923-24. Hewlett-Packard e McDonald’s durante quella cominciata nel 1929. La Bank of Italy, fondata da Amadeo Giannini nel 1904 e poi diventata Bank of America, deve parte della sua fortuna al terremoto che sconvolse San Francisco nel 1906, così come la Microsoft Corporation ha iniziato la sua attività durante la recessione della metà degli anni Settanta. Basta dunque guardare indietro di qualche secolo per capire che l’economia è una storia di crisi dove ognuna di queste ha segnato il rovesciamento della congiuntura economica e quindi il passaggio da un periodo di espansione o di crescita a una fase di depressione o di contrazione cui è poi seguita una fase di ripresa. Sono le onde lunghe di Kondratiev e i cicli economici di Schumpeter. Il 1800 è stato un secolo di crisi. Dal Panico del 1837 negli anni Trenta alla crisi Baring degli anni Novanta. Così come lo è stato il 1900 dalla drammatica Grande Depressione alla bolla delle dot-com. E così sarà anche il nostro secolo. Non a caso l’antropologo francese Marc Augé parla di crisi dei cent’anni, per riferirsi al periodo che stiamo vivendo.

I tempi di crisi sono un momento ideale per sviluppare nuove idee, perché l’innovazione, come il cambiamento, diventa un bisogno primario, una necessità.

Oggi il cambiamento non riguarda solo le piccole imprese o quelle legate al digitale, ma la quasi totalità dei settori e delle industrie. Pensiamo al mercato del petrolio e all’impatto che stanno avendo nuove tecnologie di estrazione come il fracking o le trivellazioni orizzontali che stanno ridisegnando gli equilibri economici e politici a livello globale. Il Paese che per quasi un secolo è stato il maggior consumatore di petrolio, gli Stati Uniti d’America, sta diventando uno dei maggiori produttori di greggio. Stiamo vivendo tutte le forme di cambiamento che nella letteratura classica di management sono indicate come fonti per la nascita di nuove opportunità di business: cambiamenti tecnologici, cambiamenti psicografici, cambiamenti demografici e cambiamenti politico-legislativi. Le tecnologie ci permettono di ottimizzare i nostri processi e abbassare i nostri costi. Analizzare i cambiamenti psicografici ci permette di anticipare nuovi trend o nuovi bisogni. L’introduzione di nuove leggi o la deregolamentazione dei mercati ci permette di innovare modelli di business o introdurre nuovi servizi, basta pensare a quanto sta accadendo con aziende come Uber o Airbnb che hanno ridisegnato i paradigmi del proprio settore grazie anche alla capacità di interpretare in modo differente le leggi che lo regolano.