Corrente #01: Disuguaglianza automatizzata.

2021_06_25_Disuguaglianza

Seguendo le orme dell’economista britannico John Maynard Keynes che quasi un secolo fa predisse l’aumento della disoccupazione tecnologica, nel 2013, due ricercatori della Oxford Martin School, Carl Benedikt Frey e Michael Osborne, pubblicarono un lavoro dal titolo The Future of Employment nel quale esaminarono quanti lavori sono sensibili alla computerizzazione per scoprire che il 47% dei lavoratori americani ha lavori ad alto rischio di automatizzazione, ovvero rischiano di venir sostituiti da robot. Tra le professioni più a rischio ci sono quelle che operano in settori quali il supporto amministrativo, le vendite, i servizi, la logistica e i trasporti.

Se ti stai chiedendo se anche il tuo lavoro potrebbe essere a rischio automatizzazione puoi trovare una risposta qui. Quello che è sicuro è che nei prossimi anni i robot cambieranno il nostro futuro radicalmente. Il tema è come lo cambieranno. Sarà un futuro fatto di progresso e prosperità oppure un futuro fatto di disoccupazione di massa e povertà. Personalmente non vedo l’automatizzazione come una minaccia, ma anzi come una opportunità per liberarci di lavori ripetitivi e alienanti, ridurre lo sfruttamento a livello globale e valorizzare quelli che sono i tratti distintivi dell’uomo rispetto alla macchina. Tuttavia c’è un tema chiave che non possiamo sottovalutare: la disuguaglianza automatizzata, intesa come l’impatto che l’automatizzazione del lavoro avrà sulla crescita della disuguaglianza socio-economica.

Disuguaglianza automatizzata: impatto dell’automatizzazione del lavoro sulla crescita della disuguaglianza socio-economica.

Negli ultimi trent’anni la disuguaglianza economica e sociale è aumentata in tutto il mondo e si stima che nei prossimi anni crescerà del 40%. Dal 2000 al 2019 il numero di milionari è cresciuto in maniera esponenziale, soprattutto in Paesi come gli Stati Uniti e la Cina con il risultato che nel mondo non solo ci sono sempre più ricchi che diventano sempre più ricchi, ma anche sempre più poveri che diventano sempre più poveri. Un esempio è l’Italia dove, se da una parte negli ultimi vent’anni il numero dei milionari è triplicato, dall’altra è triplicato anche il numero di bambini poveri battendo il record negativo in Europa di 1 milione e 260 mila minori in povertà assoluta.

All’interno di questo scenario, l’automatizzazione del lavoro potrebbe acuire ulteriormente il problema. Perché un futuro in cui i robot faranno il lavoro dell’uomo è un futuro di abbondanza, un futuro in cui si potrà produrre più ricchezza con meno costi, se non addirittura con costi marginali tendenti allo zero (una volta ammortizzato il costo di una macchina, questa produce ricchezza senza ulteriori costi aggiuntivi). Il punto è capire se sarà un’abbondanza distribuita e quindi di uguaglianza, oppure un’abbondanza accentrata e quindi disuguale.

Nel primo caso (abbondanza distribuita) saremo di fronte a un futuro radioso in cui si avvererà la previsione di Keynes: l’uomo lavorerà meno ore senza abbassare il proprio tenore di vita, e quindi avrà il “problema” di tenersi occupato e di coltivare l’arte della vita – che non vuol dire passare la giornata su Facebook ma investire il proprio tempo per fare volontariato, imparare nuove competenze e migliorarsi tanto come persona, quanto come professionista. Tutti potranno lavorare meno e meglio perché i benefici dell’automatizzazione saranno ripartiti tra tutti.

Nel secondo caso invece (abbondanza accentrata) saremo di fronte a uno scenario apocalittico fatto di disoccupazione e povertà di massa da una parte, e immensa ricchezza nelle mani di pochi individui dall’altra. Un futuro di disuguaglianza e crescita stagnante, che l’economista francese Piketty ha ben riassunto nella formula r>g: quando il tasso di crescita (g) ristagna, sale quella derivante dal rendimento (r) del capitale guadagnato o, il più delle volte, ereditato. Con il risultato che i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e la società si sposterà verso una società di stampo patrimoniale / ereditiero.

Con un ulteriore paradosso, che Marx aveva già individuato più di duecento anni fa: la spinta a massimizzare la quota dei profitti è in contraddizione con la necessità di un’ampia domanda, ovvero aumenta la produzione ma diminuisce la domanda, perché in un futuro di disoccupati squattrinati nessuno avrà i soldi per comprare tutti i nuovi prodotti e i servizi resi disponibili dall’aumento della produttività.