Il bello di poter essere (finalmente) imperfetti.

Settimana scorsa ho avuto il piacere di parlare di Intelligenza Artificiale Generativa applicata al settore del No-Profit in occasione del Festival del Fundraising. Il tema di questa edizione del Festival era: «IMPERFETTI essere umani che amano essere veri.»

È un concetto in cui mi ritrovo molto. Soprattutto da quando mi occupo di Intelligenza Artificiale.

Viviamo e vivremo sempre di più in un mondo in cui potremo delegare la perfezione alle macchine, mentre noi potremo concederci il lusso di fare errori e sperimentare. Perché avremo una macchina che potrà poi perfezionare quello che abbiamo fatto.

L’imperfezione diventerà così un tratto tipico dell’essere umano.

Mi sento di spingermi fino a dire che un domani potremmo andare alla ricerca degli errori. In un libro, in un film o in un testo. Cercheremo segnali di un passaggio umano. Di qualcosa che ci faccia sentire tutti parte della stessa specie. Magari guarderemo con sospetto, o quanto meno con distanza, qualcosa o qualcuno di troppo perfetto. Potremmo arrivare a dire con un misto di sdegno e tracotanza: «Ma dai! questo poteva farlo anche un robot!»

Invece qualcosa di imperfetto no. Quello potremo farlo solo noi. I robot magai potranno simularlo se glielo chiederemo. Ma sarà una Fake Imperfection. Si vedrà. E quindi ci farà storcere il naso. Le macchine del resto vengono costruite per essere perfette e non fare mai errori. Anche perché gli errori delle macchine di per sé non portano a molto. I nostri errori invece possono portarci a fare nuove scoperte cui non avevamo pensato.