85 anni.

Morirò l’11 Gennaio 2068 (statisticamente parlando, ovvio…).

Se fossi nato e abitassi in un Paese diverso dall’Italia forse vivrei 2664 giorni in meno, che non sono pochi. Anche se li vivrò da ottantenne.

Infatti è proprio dopo gli 80 anni che noi italiani diamo il meglio. Se fino agli 80 anni la nostra possibilità di morire è abbastanza in linea con la media mondiale (15,85% vs 15,32%) poi da noi c’è uno stacco notevole e si arriva al 22% di possibilità di morire a 87 anni, contro una media mondiale del 13,4%.

Non stupisce dunque che nel mondo a 42 anni si è ormai più vecchi della media mentre in Italia siamo ancora più giovani della media di diversi anni.

Se poi a questo aggiungiamo i cervelli in fuga e la bassa natalità vien da sé che l’Italia è un Paese statisticamente popolato e gestito da persone anziane. O comunque, più anziane della media.

Nel mondo a 42 anni si è ormai più vecchi della media mentre in Italia siamo ancora più giovani della media di diversi anni.

Questo non è un giudizio di merito ma un dato oggettivo, l’Italia è al secondo posto della classifica delle popolazioni più anziane del mondo con il 23% di persone sopra i 65 anni, e con un preoccupante (per il futuro della nostra economia e del nostro sistema pensionistico) rapporto di 36,2 anziani ogni 100 individui in età lavorativa.

A tal proposito, in questi giorni si è parlato molto della nomina di Giuliano Amato, di 85 anni, a presidente della commissione algoritmi. Una notizia spesso rapportata al suo corrispettivo inglese, Ian Hogarth che di anni ne ha 38 (oltre ad avere una laurea in computer science a Cambridge ed essere fondatore di due startup basate su IA).

Il problema dell’Italia non è puramente quantitativo o statistico. Quello che conta non è l’età anagrafica ma l’età mentale.

Visti i dati sul nostro Paese, personalmente è una notizia che non mi stupisce.

Il problema però non è puramente quantitativo o statistico. Quello che conta non è l’età anagrafica ma l’età mentale.

In Italia siamo pieni di dinamiche vecchie che rallentano tutto: burocrazia, analfabetismo digitale, riunioni che potrebbero essere mail, documenti stampati che potrebbero essere PDF, processi inutilmente complessi, problemi che non sono tali, lentezza, date che cambiano di continuo, ritardi, tempi d’attesa infiniti…

Questo è il vero problema. La mentalità non (solo) l’età.