Corrente #81: Dramageddon.

È il 2012 e al centro della piazza principale di una piccola città in Belgio dove generalmente non accade mai nulla, c’è un grosso bottone rosso con una freccia sospesa con la scritta: “Push to add drama”. La gente guarda incredula il bottone. Nessuno lo schiaccia. A un certo punto, un uomo in bicicletta con gli occhiali da sole scuri si ferma e schiaccia il bottone. D’improvviso una sirena rompe il silenzio della piazza. Una grossa ambulanza gialla si ferma vicino all’uomo in bicicletta. L’ambulanza si apre, scendono due infermieri. Entrano in una casa ed escono con un uomo in barella. La barella si rovescia. L’uomo cade. Gli infermieri ricaricano l’uomo sulla barella. Partono veloci ma lasciano le porte aperte. L’uomo sulla barella scivola fuori dall’ambulanza. L’infermiere si ferma, apre la portiera. Un ciclista si schianta contro la portiera. Cade e si rialza. Corre dall’infermiere. Lo aggredisce. L’infermiere è alto e muscoloso. Il ciclista no. L’infermiere si strappa la maglietta e mostra tutti i suoi muscoli. Mentre lottano, una ragazza in reggiseno rosso passa su una moto da corsa. La gente non capisce. C’è chi osserva, chi scappa e chi fa una fotografia. Chi un video. All’improvviso un SUV nero Mercedes-Benz entra sgommando nella piazza. Arriva la polizia. Dal SUV nero scendono quattro uomini. Cominciano a sparare contro la polizia. Uno viene ferito. Muore. Gli altri prendono l’uomo sulla barella e lo caricano in macchina. Scappano. Dalla casa esce una squadra di rugby vestita tutta di rosso. Prendono l’uomo a terra e lo portano via. Sulla facciata della casa si srotola uno striscione bianco con la scritta: “Your Daily Dose Of Drama. From 10/04 on Telenet. TNT. We Know Drama.” La gente applaude. Alcuni hanno le mani sulla bocca e non possono parlare. Altri lo fanno e dicono «Oh mio Dio!».

Questa non è una storia vera, o meglio, è successa veramente, ma in realtà è stata una geniale trovata pubblicitaria prodotta dall’agenzia Duval Guillaume Modem per lanciare il canale televisivo TNT in Belgio. In pratica hanno portato il dramma dei film proposti dalla TNT nella vita quotidiana delle persone.

Oggi, a undici anni di distanza, per aggiungere un po’ di dramma alla nostra vita quotidiana non dobbiamo schiacciare nessun bottone, ma ci basta aprire un qualsiasi Social Media e iniziare a scrollare all’infinito il suo feed. Troveremo persone in lacrime, storie d’amore disperate, notizie esagerate, cataclismi, litigi, titoli sensazionalistici, e qualsiasi altra trovata editoriale pensata per attirare la nostra attenzione e tenerci attaccati allo schermo del nostro Smartphone.

In un post del Dicembre 2022, il blogger Gurwinder definisce questo ecosistema di notizie “Dramageddon” per sottolineare il potenziale apocalittico (Armageddon) dell’eccessiva drammatizzazione (Drama) dei contenuti online.

Scorrendo i social media, scrive Gurwinder, vedevo «un mondo di pazzi furiosi con gli occhi selvaggi che battevano le dita sulle loro tastiere usando solo lettere maiuscole, e temevo che presto avrebbero sostituito le loro tastiere con le armi. Più assistevo a conflitti online, più sentivo un odio logorante, non solo per quelli che consideravo i miei nemici politici, ma per l’umanità in generale. […] Questa estenuante sensazione di divisione, disperazione e sventura – che da allora ho soprannominato “Dramageddon” – era più forte dopo le lunghe sessioni su Twitter, ma si affievoliva ogni volta che uscivo e interagivo con la gente del posto, che immancabilmente mi ricordava che nel mondo reale la maggior parte delle persone è in realtà calma, amichevole e in gran parte unita.»

Il racconto di Gurwinder mette in luce come Internet, e in particolare i Social Media, si stiano trasformando in un luogo dove la discordia, l’odio e la negatività prolifera a scapito di una visione più serena e pacifica della realtà. Non perché nel mondo ci sia sempre più odio, ma per il semplice motivo che, da sempre, il negativo attrae la nostra attenzione di più del positivo. Anche se ci fa stare peggio.

Se vediamo persone che stanno peggio di noi, stiamo male un po’ per empatia e un po’ perché veniamo presi da un senso d’ansia dettato dalla vaga possibilità che quello che oggi fa star male qualcuno potrebbe un domani far star male anche noi. Se invece vediamo persone che stanno meglio di noi, stiamo male perché improvvisamente la nostra vita ci sembra insignificante.

Questa condizione paradossale (siamo attratti da qualcosa che in realtà ci fa stare male) mi ricorda una vignetta in cui ci sono due esploratori in mezzo a una giungla che stanno dando un computer portatile a un aborigeno. Mentre glielo consegnano un esploratore dice: “Vi abbiamo portato una connessione con il mondo moderno”. E poi, l’altro esploratore aggiunge: “Il mese prossimo torniamo con gli antidepressivi”.

Ed è vero, come sostiene anche Gurwinder nel suo post, questa eccessiva drammatizzazione della realtà influenza la nostra vita negativamente. In ogni modo. Se vediamo persone che stanno peggio di noi, stiamo male un po’ per empatia e un po’ perché veniamo presi da un senso d’ansia dettato dalla vaga possibilità che quello che oggi fa star male qualcuno potrebbe un domani far star male anche noi. Se invece vediamo persone che stanno meglio di noi, stiamo male perché improvvisamente la nostra vita ci sembra insignificante.

Per riprendere dunque la pubblicità della TNT, forse oggi quello che ci servirebbe non è un bottone per aggiungere un po’ di dramma alla nostra vita, ma al contrario un bottone per spegnere tutto quell’eccesso di finzione che finisce con rendere la nostra vita un dramma, anche quando non lo è.