Corrente #21: Effetto Dunning-Kruger.

Billy McFarland è il classico ragazzo che vuole fare più soldi possibile nel minor tempo possibile con un’innata capacità di vendere di tutto, anche quando non ha nulla da vendere. Nel 2017 organizza FYRE un “luxury music festival” in un’isola, un tempo proprietà di Pablo Escobar, con l’idea di dare ai propri clienti la possibilità di vivere un’esperienza unica fatta di musica, party e natura incontaminata. Il problema è che né lui né il suo socio, il rapper Ja Rule, hanno idea di come si organizzi un festival. Ma ai tempi di Instagram cosa importa della sostanza? Basta l’apparenza. Così invitano delle modelle sull’isola e cominciano a postare foto su Instagram. Il progetto diventa virale, centinaia di Influencer lo supportano e migliaia di persone si iscrivono. Risultato: il Festival non avrà mai luogo, migliaia di persone e centinaia di lavoratori vengono truffati e Billy McFarland viene condannato a sei anni di prigione con l’accusa di aver messo in piedi una truffa da 27 milioni di dollari.

Come dice una delle persone intervistate nel documentario che racconta questa incredibile vicenda, “Fyre ha portato alla vita Instagram”, e ha messo in luce come ci sia una distanza sempre maggiore tra quello che si racconta sui Social Media e quella che è la realtà. Uno dei tratti più interessanti di questa storia è che fino all’ultimo, anche di fronte allo sfacelo del suo progetto, Billy continuasse a rassicurare tutti dicendo: «State tranquilli il Festival comincerà a breve!» con una convinzione tale che è difficile capire se stesse mentendo o se avesse davvero perso cognizione di quale fosse la realtà dei fatti.

Oggi voglio parlati dell’effetto Dunning-Kruger, una distorsione cognitiva che porta le persone poco esperte a sopravvalutare le proprie abilità considerandosi esperte, mentre le persone molto esperte a sottovalutarsi e considerarsi non abbastanza esperte. Inutile dire che Billy McFarland ricade nella prima categoria.

Effetto Dunning-Kruger: Distorsione cognitiva secondo cui persone poco esperte tendono a sopravvalutare le proprie abilità considerandosi esperte, mentre persone molto esperte tendono a sottovalutarsi e considerarsi non abbastanza esperte.

Nel suo saggio, Fiducia e paura nella città, il sociologo Zygmunt Bauman parla della paura di essere inadeguati, come di quello snervante senso di insicurezza dato dal verificarsi simultaneo di due svolte: 1) la sopravvalutazione dell’individuo, liberato dalle costrizioni imposte dalla fitta rete dei vincoli sociali; 2) la fragilità e la vulnerabilità senza precedenti di quest’individuo, ormai privo della protezione che quei vincoli gli offrivano in passato. Se la prima rivela agli individui l’eccitante, seducente esistenza di grandi spazi, in cui attuare la fondazione e il miglioramento di se stessi, la seconda rende la prima inaccessibile alla maggior parte di loro. In un presente senza «una carriera chiaramente delineata, senza la noiosa ma rassicurante routine, senza la stabilità dei gruppi di lavoro, senza la possibilità di sfruttare a lungo le capacità acquisite una volta per tutte e il grande valore accordato all’esperienza lavorativa che consentivano di tenere a distanza i rischi del mercato del lavoro e di attenuare l’incertezza», saremo in grado di immaginarci un nostro equilibrio?

Trovare questo equilibrio penso sia una delle grandi sfide del nostro tempo. Bilanciare la nostra pulsione di fare nuove cose (dopata dai Social Media e dalle tante possibilità, più o meno reali, che abbiamo oggi) con la paura di essere inadeguati (accentuata dal bombardamento di punti di riferimento con cui ci dobbiamo confrontare ogni giorno). Oggi dobbiamo avere abbastanza sicurezza in noi stessi da lanciarci ma, al contempo, abbastanza umiltà da metterci costantemente in discussione e, se necessario, cambiare tutto e ricominciare.

Non è facile. Ma è necessario.