Una minaccia privata alla disuguaglianza.

Se la privatizzazione potrebbe forse, un domani, aiutare a contrastare il cambiamento climatico, vedo più difficile la possibilità, ipotizzata all’interno del romanzo T.E.R.R.A., che la privatizzazione possa ridurre la disuguaglianza economica e sociale che, negli ultimi decenni, è in crescita costante.

Dal 2000 al 2019 il numero di milionari è cresciuto in maniera esponenziale, soprattutto in Paesi come gli Stati Uniti e la Cina con il risultato che nel mondo non solo ci sono sempre più ricchi che diventano sempre più ricchi, ma anche sempre più poveri che diventano sempre più poveri. Un esempio è l’Italia dove, se da una parte negli ultimi vent’anni il numero dei milionari è triplicato, dall’altra è triplicato anche il numero di bambini poveri battendo il record negativo in Europa di 1 milione e 260 mila minori in povertà assoluta.

Dopo più di duecento anni sembra essersi realizzata la profezia di Adam Smith che, già nel 1700, scriveva che ovunque ci fosse stata grande proprietà, ci sarebbe stata anche grande disuguaglianza e per ogni molto ricco ci sarebbero stati almeno cento poveri.

Dopo più di duecento anni sembra essersi realizzata la profezia di Adam Smith che, già nel 1700, scriveva che ovunque ci fosse stata grande proprietà, ci sarebbe stata anche grande disuguaglianza e per ogni molto ricco ci sarebbero stati almeno cento poveri. Tuttavia, rispetto ai tempi di Adam Smith, oggi esiste un’ulteriore variabile che potrebbe acuire di molto questo problema: l’automatizzazione del lavoro.

Per approfondire questo aspetto, torniamo alle FAMGA. Complessivamente Microsoft, Amazon, Facebook, Google ed Apple, danno lavoro a circa un milione di persone, contro una valorizzazione di mercato complessiva di svariati trilioni di dollari. Grazie alla tecnologia, le FAMGA sono riuscite ad avere marginalità, profitti e liquidità da capogiro con il minor numero di persone impiegate. Per comprendere l’entità della ricchezza di cui stiamo parlando, basta pensare che alla fine del 2021 Apple deteneva 190,5 miliardi di dollari in contanti, Google/Alphabet 142 miliardi di dollari, Microsoft 130,6 miliardi di dollari, Amazon 79 miliardi di dollari e Facebook/Meta 58,1 miliardi di dollari.

Questo è normale. È il progresso. Dai tempi della Rivoluzione Industriale, le macchine hanno ottimizzato il lavoro così da poter aumentare la produttività. Tuttavia oggi il tema della automazione del lavoro è sempre più legato a quello della disuguaglianza economico-finanziaria. Perché un futuro in cui i robot faranno il lavoro dell’uomo è un futuro di abbondanza, un futuro in cui si potrà produrre più ricchezza con meno costi, se non addirittura con costi marginali tendenti allo zero (una volta ammortizzato il costo di una macchina, questa produce ricchezza senza ulteriori costi aggiuntivi).

Un futuro in cui i robot faranno il lavoro dell’uomo è un futuro di abbondanza. Il punto è capire se sarà un’abbondanza distribuita e quindi di uguaglianza, oppure un’abbondanza accentrata e quindi disuguale.

Il punto è capire se sarà un’abbondanza distribuita e quindi di uguaglianza, oppure un’abbondanza accentrata e quindi disuguale. Nel primo caso (abbondanza distribuita) saremo di fronte a un futuro radioso in cui si avvererà la previsione dell’economista John Maynard Keynes: l’uomo lavorerà meno ore senza abbassare il proprio tenore di vita, e quindi avrà il “problema” di tenersi occupato e di coltivare l’arte della vita – che non vuol dire passare la giornata su Facebook ma investire il proprio tempo per fare volontariato, imparare e migliorarsi tanto come persona, quanto come professionista. Tutti potranno lavorare meno e meglio perché i benefici del processo di automatizzazione saranno ripartiti tra tutti.

Nel secondo caso invece (abbondanza accentrata) saremo di fronte a uno scenario apocalittico fatto di disoccupazione e povertà di massa da una parte, e immensa ricchezza nelle mani di pochi individui dall’altra. Un futuro di disuguaglianza e crescita stagnante, che l’economista francese Piketty ha ben riassunto nella formula r>g: quando il tasso di crescita (g) ristagna, sale quella derivante dal rendimento (r) del capitale guadagnato o, il più delle volte, ereditato. Con il risultato che i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e la società si sposterà verso una società di stampo patrimoniale / ereditiero.

La spinta a massimizzare la quota dei profitti è in contraddizione con la necessità di un’ampia domanda, ovvero aumenta la produzione ma diminuisce la domanda.

Con un ulteriore paradosso, che Marx aveva già individuato più di duecento anni fa: la spinta a massimizzare la quota dei profitti è in contraddizione con la necessità di un’ampia domanda, ovvero aumenta la produzione ma diminuisce la domanda, perché in un futuro di disoccupati squattrinati nessuno avrà i soldi per comprare tutti i nuovi prodotti e i servizi resi disponibili dall’aumento della produttività.