Corrente #53: Virtual Genuinfluencers.

Una sera, l’attore e protagonista di Matrix, Keanu Reeves, è a cena da un amico regista che ha tre figli di 13, 15 e 17 anni. Visto che nessuno di loro ha mai visto Matrix l’attore gli racconta la trama: «C’è questo tizio» dice Reeves «che vive in una sorta di mondo virtuale e scopre che c’è un mondo reale e così inizia a domandarsi cosa sia reale e cosa non lo sia…». A quel punto la figlia del regista gli chiede: «Cosa importa che sia reale?», al che Reeves risponde sorpreso: «Come cosa importa? Non ti interessa sapere se qualcosa è reale oppure no?» Di fronte a questa domanda, senza pensarci molto, la ragazza esclama: «No!»

L’economista statunitense Jeremy Rifkin sottolinea spesso nelle sue pubblicazioni come nell’ultimo ventennio stiamo passando da una relazione venditore-compratore a una fornitore-utente e dallo scambio di proprietà nel mercato all’accesso temporaneo al servizio nella rete. Come dimostra anche la storia di Reeves, le nuove generazioni danno sempre meno peso al possesso (compro un prodotto per poterlo usare) per valorizzarne invece l’accesso (pago un prodotto solo quando lo uso).

Questa inversione di tendenza segna un cambio di paradigma radicale che sta colpendo molti settori e che potrebbe conoscere un’ulteriore evoluzione: la smaterializzazione dei beni materiali. Gli appartenenti alla generazione Z dichiarano infatti di sentirsi più simili a se stessi online che offline.

Non sorprende dunque che oggi diverse aziende (Meta in primis) prevedano un futuro in cui internet diventa uno specchio digitale del mondo reale e dove alla fine il nostro io digitale sarà più importante del nostro io fisico. Per quanto questa previsione sembri la trama di un romanzo cyberpunk, forse non è così distante dalla realtà. O almeno dalla realtà della Generazione Z.

All’interno di questo scenario si inserisce un fenomeno che ha dei tratti quasi paradossali, quello dei “Virtual Genuinfluencers”, intesi come Influencer virtuali (quindi non reali) che tuttavia tendono ad essere più realistici e meno aspirazionali valorizzando le proprie imperfezioni e le proprie debolezze.

Da una parte abbiamo sempre più riferimenti virtuali (i Virtual Influencers), dall’altra però questi Influencer virtuali cercano di essere più umani dei loro “competitor” reali che invece camuffano la propria realtà contribuendo ad alimentare uno dei tanti paradossi della nostra epoca: il virtuale aspira ad essere sempre più reale, e il reale aspira ad essere sempre più immaginifico.

Come riporta WundermanThompson, uno dei casi più famosi di Virtual Genuinfluencers è Angie, una virtual influencer creata da Jesse Zhang, che in Cina sta dettando nuovi standard di bellezza celebrando le sue “imperfezioni”. A differenza di altri virtual influencer la cui pelle è sempre perfetta, quella di Angie mostra difetti e particolari che la rendono più “umana” e quindi più vicina al suo pubblico.

Un altro caso è quello di Daisy, la virtual influencer del marchio Yoox. Come dice la direttrice della comunicazione, Manuela Strippoli, infatti “We’re moving away from her initial image where she always seemed flawless and we’re humanizing her by giving her likes and dislikes as well as flaws.”

Da una parte dunque, abbiamo sempre più riferimenti virtuali (i Virtual Influencers) che “influenzano” i nostri gusti e le nostre scelte, dall’altra però questi influencer cercano di essere più umani dei loro competitor reali che invece, tra filtri Instagram, yassificazioni dei propri volti e jet affittati solo per farsi un selfie, camuffano la propria realtà.

Ed ecco dunque uno dei tanti paradossi della nostra epoca: Il virtuale aspira ad essere sempre più reale, e il reale aspira ad essere sempre più immaginifico.