Fruttaroli con una missione.

Bella Dentro
Luca e Camilla si conoscono in prima media (nel 1999) poi fanno il liceo insieme e alla fine capiscono che sono fatti l’uno per l’altra. All’inizio la loro carriera inizia nel più classico dei modi. Luca, entra subito in una delle più grosse multinazionali sulla faccia della Terra, mentre Camilla, entra nel mondo dell’editoria e della pubblicità. Tutto sembra andare bene, e come gli piace ricordare, i genitori sono tranquilli riguardo al loro futuro, ma, a un certo punto, leggono un articolo del National Geographic che illustra le dimensioni e l’impatto socio-economico dello spreco agroalimentare. La cosa li manda in tilt e decidono di dedicare la loro vita a una missione: ridurre lo spreco alimentare vendendo la frutta bacata. Nasce così il progetto “Bella Dentro” e la loro vita cambia per sempre.

 

 

Intervista

Mi raccontate cosa vi ha spinto a lasciare la comfort zone di un lavoro a tempo indeterminato per inventarvi il lavoro? E come è la vostra vita ora?

Ciò che ci ha spinto è la voglia di vincere una nuova sfida più grande dell’ultima vinta che era quella di trovare un buon lavoro coerente con i nostril studi ed ambizioni e soddisfacente sotto tutti i punti di vista. La nuova sfida era (è!) quella di costruire qualcosa da zero, qualcosa di nostro che ci coinvolgesse non solo per l’impegno speso ma anche per il potenziale impatto etico e socio-economico che gli sta alla base. La nostra vita oggi è sicuramente più faticosa di prima a livello pratico: non esistono momenti di pausa quando ogni possibilità di realizzazione e crescita della tua attività dipendono solo da te e dalla tua dedizione al progetto. Allo stesso tempo però è molto più stimolante, sia per la soddisfazione del veder crescere qualcosa di tuo, che ti rappresenta, sia perché ogni singolo giorno è un mix perfetto di lavoro sul campo, strategia e relazioni personali con persone sempre nuove e diverse tra loro, siano essi produttori, clienti o persone che collaborano alla riuscita del progetto.

 

Nel mondo ci sono circa 800 milioni di persone che sono denutrite e senza accesso all’acqua potabile, tuttavia ogni anno, circa un terzo del cibo prodotto nel mondo viene sprecato. Davanti a questi dati, ci sono persone che li ignorano o non li conoscono. Persone che ne hanno consapevolezza, si crucciano ogni giorno e pensano a cosa potrebbero fare ma poi non fanno nulla di significativo. E, infine, ci sono persone, come voi, che mollano tutto e dedicano la loro vita professionale a fare qualcosa di concreto per ridurre lo spreco alimentare. Secondo voi cosa si potrebbe fare di concreto per sensibilizzare le persone sullo spreco alimentare?

Siamo sempre stati convinti, ed ora ne abbiamo le prove, che non esistono persone contrarie o insensibili alla questione della riduzione degli sprechi, soprattutto quelli alimentari. Chiunque ci sia capitato di incontrare, a prescindere dal ceto sociale, dal livello di istruzione o dalla sensibilità personale, reputa stupido e insensato buttare via qualcosa di buono, per cui si è speso tempo soldi ed energia per produrlo. Ciò che fa la differenza ovviamente è la consapevolezza, l’informazione. Soprattutto per quanto riguarda lo spreco di cui ci occupiamo noi, quello nella primissima parte della filiera, l’informazione è davvero poca poiché si tratta di uno spreco “nascosto” e non visibile nella nostra quotidianità, soprattutto se si abita in grandi città come Milano. Ciò che secondo noi però può davvero fare la differenza, non è solo informare le persone, ma farlo in modo “leggero” e coinvolgente, senza puntare sempre solo sul “senso di colpa” e sui temi di coscienza sociale. Una comunicazione che provoca sorriso e complicità secondo noi, è molto più efficace di una che punta a “rimproverare” in modo più distaccato e serioso.

Ciò che fa la differenza è la consapevolezza e l’informazione. Soprattutto per quanto riguarda lo spreco alimentare.

Uno dei miei imprenditori preferiti di tutti i tempi è Adriano Olivetti. Già ai primi del Novecento era riuscito ad unire innovazione tecnologica a una cultura sociale d’impresa, creando un’azienda che non fosse soltanto espressione del profitto che faceva, ma anche delle persone che la rendevano profittevole. Secondo voi è possibile unire impresa e bene sociale? Se sì, come pensate sia possibile farlo?

Secondo noi è assolutamente possibile ed è sicuramente uno degli obbiettivi fondanti del nostro progetto. Fare qualcosa che abbia un impatto positivo sulla società significa migliorare lo status quo e quindi trasformare delle problematiche attuali in opportunità. Per questo siamo convinti che il potenziale del nostro progetto sia proprio quello non tanto di arginare un problema come quello dello spreco alimentare, ma quello di convertirlo in un opportunità economica, non solo per noi, ma per tutti gli attori della filiera coinvolti, dal produttore al consumatore.

 

Come dicevamo, voi siete una coppia nella vita e nel lavoro. Dopo aver passato anni a “400 km di distanza”, come riuscite a unire la vostra vita personale a quella lavorativa? Lavorare insieme ha rafforzato il vostro legame? Cosa consigliereste a chi sta pensando di lanciarsi in un progetto con il proprio partner?

Lavorare insieme è bellissimo perché ci rende ancora più uniti e complici, ma anche difficile perché rende praticamente impossibile riuscire a tenere separate vita privata e professionale. Ciò che per noi è stato fondamentale e consiglieremmo a chiunque si imbarcasse in questa impresa è quello di dividersi fin da subito i compiti in modo chiaro e preciso, riconoscendo ad ognuno un ruolo distinto secondo le proprie capacità e background e dunque il diritto ad avere l’ultima parola su questioni che riguardano il proprio ambito di competenza. Condividere qualsiasi decisione è fondamentale, ma spesso è necessario sapere fare un passo indietro e affidarsi alle capacità del partner.

Il modo migliore per lavorare in coppia è dividersi fin da subito i compiti in modo chiaro e preciso, riconoscendo ad ognuno un ruolo distinto secondo le proprie capacità e background.

 

Qualche domanda veloce

Oltre allo spreco alimentare cos’è una cosa (tra le tante che non vanno nel mondo) che vi manda in tilt?

A mandarci più in tilt non è tanto un problema in sé, quanto l’atteggiamento che sempre più spesso hanno le persone di fronte a questo genere di situazioni: passività e malcontento, che troppo raramente si trasformano in voglia di fare e ingegnarsi per provare a risolvere il problema e renderlo come dicevamo prima, un’opportunità.

Quando a una cena vi chiedono cosa fate di lavoro, cosa rispondete (in una parola)?

I fruttaroli!

Se trovaste una macchina del tempo (funzionante…) e poteste fare un solo viaggio, dove andreste a vivere? Nel passato o nel futuro?

Nel passato! Perché rovinarsi la sorpresa di cosa viene dopo??

Se poteste scrivere una sola parola su un grosso billboard in Piazza Duomo a Milano, quale parola scegliereste?

PROVACI

Qual è il vostro piatto preferito a base di ortaggi “belli dentro”?

La torta tutti i frutti! Una mappazza che ci cuciniamo per la colazione con la frutta che ci avanza dalle vendite del weekend!

Cosa vi spinge di più a lavorare? Fare soldi (making money), o fare qualcosa che dia un senso alla vostra vita e abbia un impatto sul mondo (making meaning)?

La verità sta sempre nel mezzo, ciò che ci spinge in generale nella vita e ancor di più nel lavoro è costruire qualcosa di cui noi e un domani i nostri figli possano beneficiare (economicamente) ed essere orgogliosi.