Better a disaster than a desert

Scritto il 3 Marzo 2014

In Art Kitchen abbiamo fatto tantissimi errori. E la cosa più divertente è che continuiamo a farne. In questi anni abbiamo sbagliato, poi sbagliato ancora, siamo passati da un errore all’altro senza mai perdere l’entusiasmo. Come il signor Keuner, lavoriamo duro al nostro prossimo errore perché quello che ci ha sempre spaventato, e che continua a spaventarci, non è il disastro, ma il deserto.
E non ci riferiamo al deserto in senso naturalistico o climatico, quello dovrebbe spaventare tutti (ed effettivamente spaventa anche noi), ma qui stiamo parlando del deserto mentale, dell’apatia, del non fare nulla. Come cantano lo Stato Sociale, niente come la noia sa uccidere i cromosomi, e noi ai nostri attivissimi ed entusiastici cromosomi teniamo molto. Non riusciamo a stare fermi. Non riusciamo a seguire il consiglio di chi ci dice di non aver fretta. Ci dispiace, ma noi siamo vivi e abbiamo fretta di vivere. Davanti a una torta siamo quelli che c’infilano dentro il dito. Non resistiamo alla tentazione di provare sempre nuove strade. La lentezza ci stanca. La banalità ci soffoca. Ci innamoriamo di tutto. Siamo come Bette Davis nella foresta pietrificata e non possiamo rinunciare alla nostra Francia. Non siamo diplomatici. Non siamo strategici. Siamo viziati dalla vita. Se una cosa non ci piace non la facciamo e al permesso preferiamo il perdono.
Lo ammettiamo davanti a tutti: l’horror vacui è la nostra paura più grande. Le pareti del nostro studio sono piene di opere, i nostri muri pieni di disegni e le nostre giornate piene d’impegni. Ma tutto attorno siamo circondati da una prudenziale e imbalsamata forma di tutela di un qualcosa che, ironia della sorte, non esiste più. La bolla è scoppiata, il danno è fatto, il minimalismo del pensiero non ha più senso. La pressione è alta ed è tempo di correre il rischio. Viviamo in un periodo dove abbiamo poco da perdere e molto da inventare, che senso ha avere paura di sbagliare oggi?
Con il disastro si cresce, con il deserto si muore. Certo, il deserto è la strada più semplice. Lasciarsi guidare da un facile vento di sazietà e d’impunità nella speranza che tutto rimanga immobile è più facile. Il disastro richiede responsabilità, intelligenza e una tensione continua verso una direzione ostinata e contraria che nessuno può dire dove e cosa porterà. E’ un rischio ma, per quel che ci riguarda, è un rischio cui noi non possiamo prescindere.