Corrente #70: Fast Foodification.

«La cosa più bella di Tokio è McDonald’s. La cosa più bella di Stoccolma è McDonald’s. La cosa più bella di Firenze è McDonald’s. Pechino e Mosca non hanno ancora nulla di bello». Così scriveva Andy Warhol per elogiare la crescente globalizzazione di McDonald’s negli anni Settanta.

Sebbene questa idea di globalizzazione sia stata superata persino da McDonald’s che ha iniziato a proporre panini più locali (dal Bubur Ayam McD in Malesia al McAloo Tikki in India), il concetto di “Fast Foodification” si è diffuso in molte altre sfere della nostra vita, alimentando la sensazione che tutto quello che ci circonda sia mediocre e, di per sé, privo di sapore.

Pensiamo a Internet. Nato come strumento per dare a tutti la possibilità di esprimersi e trovare contenuti unici e originali, alla fine, soprattutto a causa del famigerato Web 2.0 e dei suoi Social Media, si è trasformato in uno strumento di omologazione (o “Fast Foodificazione”) di massa.

Potremmo dire che Internet ci ha reso tutti diversi ma tutti diversi allo stesso modo.

All’inizio di Internet ognuno fruiva i contenuti come e dove voleva, oggi invece usiamo tutti le stesse piattaforme e le usiamo tutti nello stesso modo.

  • Google ha omologato il modo in cui facciamo ricerca su Internet.
  • YouTube ha omologato il modo in cui guardiamo i video.
  • Netflix ha omologato il modo in cui vediamo i film.
  • Spotify ha omologato il modo in cui ascoltiamo la musica.
  • Amazon Kindle ha omologato il modo in cui leggiamo i libri.
  • Gmail ha omologato il modo in cui scriviamo e leggiamo le mail
  • TedX ha omologato il modo in cui facciamo e vediamo i Talk.
  • Amazon ha omologato il modo in cui facciamo acquisti online.
  • Facebook ha omologato il modo in cui proponiamo e consumiamo contenuti online.
  • Substack ha omologato il modo in cui leggiamo e scriviamo newsletter.

Ed esattamente come i panini di McDonald’s che hanno tutti lo stesso sapore perché, di fatto, non hanno sapore, così Internet si sta trasformando in un luogo dove tutto si assomiglia, dove tutti parlano, scrivono e leggono allo stesso modo.

Nascono fenomeni come il Blanding, le aziende rifanno i loro loghi per renderli tutti uguali, i Creator e gli Influencer standardizzano i propri contenuti per assecondare gli algoritmi che decideranno a chi mostrarli, i film, i libri e le serie sono copie di film, libri e serie che hanno funzionato in passato, e così via.

Internet si sta trasformando in un luogo dove tutto si assomiglia, dove tutti parlano, scrivono e leggono allo stesso modo. Potremmo dire che Internet ci ha reso tutti diversi ma tutti diversi allo stesso modo.

È uno scenario triste e per certi aspetti deprimente, all’interno del quale però vedo uno spiraglio di luce. Anzi due. Il primo è l’avvento del Web 3.0 che, spero, riporterà Internet a quella che era la sua vocazione originaria. Il secondo è l’ascesa dell’Intelligenza Artificiale Generativa che vedo come la fine della creatività umana mediocre: nel momento in cui una macchina sarà in grado di fare un’illustrazione o scrivere un articolo in pochi secondi superando il livello qualitativo della media umana, l’unica possibilità di sopravvivenza che abbiamo come esseri umani è quella di tornare a puntare sulla qualità e sull’originalità dei nostri contenuti.