Il vantaggio di essere se stessi.

“La chiave del successo competitivo risiede nella capacità di creare un valore unico. Quindi punta ad essere unico, non il migliore. Creare valore, non battere i rivali, è al cuore della competizione.”
– Michael Porter

Quando in marketing si parla di posizionamento esistono due macro-criteri: 1) Quello per riferimento, posizionandosi come alternativa ai competitor, indirettamente, direttamente o per associazione-dissociazione puntando quindi ad essere i migliori all’interno del proprio settore di riferimento; 2) Quello per distinzione, posizionandosi come diversi rispetto ai competitor, sottolineando quelli che sono i propri attributi differenziali o le diverse occasioni d’uso o i differenti utilizzatori e puntando quindi ad essere unici.

Per molti anni (decenni direi…) la Strategia Competitiva ha puntato per lo più al primo obiettivo (essere i migliori), con il nuovo Secolo tuttavia, persino i Guru di strategia più tradizionali (persino Porter) hanno compreso che l’essenza di un vantaggio competitivo nel lungo periodo risiede nell’essere unici e non i migliori, per il semplice motivo per cui se puntiamo ad essere i migliori ci sarà sempre qualcuno migliore di noi, se puntiamo ad essere gli unici non ci sarà mai nessuno come noi.

Approfondiamo questo concetto attraverso l’esempio di due aziende straniere che sono entrate nel mercato italiano, ed entrambe hanno prima provato a essere italiane (semplicemente migliori di altre) per poi comprendere che il loro vero vantaggio competitivo risiedeva nella loro unicità.

La prima azienda è Nescafé. Nella sua prima fase d’ingresso all’interno del mercato italiano, Nescafé ha optato per una strategia di riferimento contro-diretto, proponendosi come alternativa al caffè classico e puntando a guadagnare quote di mercato. Di fronte ai primi risultati di vendita però, Nescafé opta per una strategia di riferimento dissociativo, se non addirittura di distinzione dal caffè normale.

Passando, metaforicamente, dalla tazzina classica alla Eduardo De Filippo alla tazza rossa, la red mug, divenuta poi simbolo distintivo del marchio. Questo posizionamento ha permesso a Nescafé di raggiungere un successo tale da figliare un nuovo brand, Nespresso, con cui entrare, con una strategia, questa volta efficace, di riferimento contro-diretto, all’interno del mercato del caffè tradizionale.

La seconda è Domino’s Pizza. Nella sua prima fase d’ingresso all’interno del mercato italiano, Domino’s si è focalizzata su un’offerte di pizze italiane. In principio, nel suo menù, di 18 differenti pizze proposte, 16 erano italiane e due internazionali (tipo quella con l’ananas per intenderci…). Poi però si sono resi conto di qualcosa di incredibile: le persone andavano da Domino’s per provare le pizze internazionali, non quelle italiane (che potevano trovare in una delle altre 40.000 pizzerie presenti sul nostro territorio) e quindi hanno puntato sulla loro unicità.